Il Manifesto del Chief Happiness Officer
Il CHO è un pioniere del cambiamento culturale del mondo del lavoro che ha a disposizione informazioni, strumenti e pratiche per generare benessere e felicità.
Il CHO è un pioniere del cambiamento culturale del mondo del lavoro che ha a disposizione informazioni, strumenti e pratiche per generare benessere e felicità.
Come vede le Organizzazioni un Chief Happiness Officer e quali dimensioni presidia?
Cosa significa concretamente portare la felicità al lavoro? Da dove può iniziare un CHO, un Chief Happiness Officer, per avviare un processo di trasformazione della sua azienda in un’organizzazione positiva?
Come si possono riscrivere professioni considerate immutabili: il salone della bellezza quantica!
Investire in corsi e certificazioni è un’enorme perdita di tempo e di denaro, quando l’educazione che ricevi non è integrata con il lavoro su se stessi, dall’intelligenza emotiva al proposito di vita, valori, bisogni, e creatività.
Qual è l’elemento distintivo di un Chief Happiness Officer (CHO), cosa lo contraddistingue da un HR Manager?
Un consulente HR con competenze in CHO può offrire ai propri clienti la possibilità di affrontare le questioni relative all’engagement in un’ottica sistemica, che supera l’introduzione di politiche di welfare specifiche, per andare ad integrare altre dimensioni della vita organizzativa capaci di creare il contesto e le condizioni più favorevoli affinché le politiche siano efficaci.
In questa intervista per Radio Cusano Campus Veruscka Gennari, docente del percorso in CHO-Chief Happiness Officer, racconta tutto quello che c’è da sapere sulle ricerche, sui vantaggi, sugli strumenti, le pratiche e i casi italiani che dimostrano che si possono costruire organizzazioni positive, far fiorire le persone e rendere i nostri ambienti di lavoro sani, sicuri, coinvolgenti.
Di quale Felicità si occupa un Chief Happiness Officer? Cosa deve sapere un manager della felicità?
Chi si occupa di Innovazione non può più ridursi al mero operare nella sfera digitale ma deve farsi ponte tra la tecnologia e le persone, aiutandole a sviluppare abilità che permettano di apprendere continuamente e, nello stesso tempo, di mettere in discussione modelli concettuali e operativi non più funzionali.